sabato 9 marzo 2024

Per le donne, per le madri, per ciascuna di loro

For Women For Mothers For All of Them 

Cairo, Ottobre 2023. 
Non è facile guardarle negli occhi.
La guerra si è messa tra noi. 
Eppure, anche quando abbasso il mio sguardo, loro non mi incalzano, continuano a guardarmi interrogative, incredule, non mi giudicano; sono spesso sul punto di piangere, interrompono gli incontri per rispondere ad amici, parenti e colleghi nelle zone di guerra. 
Nessuno riesce a scappare da Gaza; le ragazze a momenti sono nel panico, guardano il telefono: negli audio si sentono fischi di bombe, esplosioni, urla. Piangono in silenzio.
Al Cairo ogni giorno in diverse aree della città va via l’elettricità per 2 ore, per via della guerra, con tutte le conseguenze che ne derivano in un paese di 100 milioni di persone. È difficile lavorare in questo modo, i generatori non si trovano più. Lavoriamo con le candele, non ci fermiamo.
Amici giornalisti vengono fermati a Rafah, insieme ai convogli di aiuti umanitari, Israele non fa entrare nessuno per nessuna ragione, neanche umanitaria. 
Dilaniate dall’impotenza, non possiamo fare niente. Possiamo solo provare a dare una forma, nei modi che conosciamo, a un dolore che diventa ogni ora più grande.


My Country 
Video con: Simonetta Ottone, Dalia El Abd, Heba Korashi.
Video Direction: Ashraf Tawfik
Concept: Simonetta Ottone e Ashraf Tawfik

Loro continuano a chiedermi perché. 
Chiedono a me che vengo da un’Europa oggi rinnegata fin dalle fondamenta, che anziché essere un avamposto di civiltà per “la pace, per la libera circolazione di merci e persone”, come ci avevano detto a scuola, è in realtà un luogo dove le persone sono diventate cittadini di serie Z, che non hanno alcuna voce in capitolo nella politica del loro paese, né la dignità di appartenere concretamente ad una comunità che si possa chiamare tale.
La nostra cultura sta accettando che ci siano in questioni cruciali più pesi e più misure, a seconda della lobby (politica e finanziaria soprattutto) che conviene allo status quo; sta accettando anche che a seconda della nazionalità e dell’etnia di provenienza possiamo avere il diritto di vivere o morire. 
Sono cresciuta durante la guerra fredda “in casa”, ora “in casa” siamo in piena guerra calda. 
Figlia del “sogno europeo”, sento che invecchierò insieme alla mia generazione, in un sogno al contrario, distopico rispetto a quel periodo in cui pensavamo che il bello dovesse ancora arrivare. 
Sento che non avrò abbastanza tempo per lasciare a mio figlio un mondo più ospitale, almeno un poco più simile a come l’ho trovato io. 
Davanti a queste ragazze incantate dal mito dell’arte e della cultura italiana, mi vergogno del mio occidente, e sto male. 
Sto male ad essere associata ad una politica che non solo non rispetta le Costituzioni di tutti i paesi europei, quella bellissima del mio paese, quella dell’Unione Europea, un tempo nata per ripudiare la guerra, tanto da non avere un esercito. 
Come siamo potuti diventare una tifoseria a cielo aperto? 
Come possiamo essere complici di tutto questo? 
Spiego a queste donne egiziane, umiliate, offese, prostrate, che io non sono d’accordo, che vorrei non appartenere a chi nel mio paese, istituzioni in testa, in un conflitto complesso e di lunga data come questo, appoggia incondizionatamente una sola parte, senza provare a fare ciò che la nostra civiltà dice di averci insegnato: la mediazione, la moderazione, il rispetto, i diritti umani. 

Sono passati tre mesi, ora.
Per avere notizie di ciò che sta succedendo realmente devi cercare informazioni fuori dall’Europa, con chi è in contatto reale con quelle zone: la nostra stampa ripete solo la stessa notizia con lo stesso punto di vista, cambiando al massimo la lingua. 
Ci siamo ammalati di controllo e censura (ancora più distruttiva perché coperta e indiretta), siamo divenuti per “quieto vivere” fedeli alla linea, anche quando questa linea è quanto di più lontano da ciò che crediamo di essere. 

Intanto, la guerra nella Striscia di Gaza continua, registrando una serie di crimini di guerra e numeri senza precedenti a tutti i livelli. Con questa guerra, Israele aggiunge al suo sanguinoso passato altra violenza, prendendo di mira tutti i civili palestinesi per ucciderli e spingendo il resto di loro ad andarsene. 

Dal 7 ottobre, la guerra ha provocato la morte di più 21.000 palestinesi, tra cui 9000 bambini e quasi 7000 donne, oltre 56.000 feriti, la maggior parte bambini cui sono state provocate mutilazioni e lesioni permanenti: se vuoi colpire un popolo, riempilo di figli e familiari invalidi. 

Questa non è una guerra, è un genocidio in mondovisione. 
Gaza è stata distrutta al 90%. 
La gente sta morendo di fame: è una catastrofe umanitaria senza precedenti. 
L’ex relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi, Michael Lynk, ha dichiarato: “Il volume delle morti civili palestinesi in un periodo di tempo così breve è il più alto tasso di vittime civili nel ventunesimo secolo”.

Mentre la popolazione civile, in particolare i bambini, affronta vari tipi di attacchi e violazioni, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF) ha affermato che "la Striscia di Gaza è diventata il luogo più pericoloso al mondo per i bambini", alla luce del prolungamento dell'aggressione di occupazione israeliana contro di essa. 

La Striscia di Gaza è il posto più pericoloso al mondo per le donne: Action Aid International ha dichiarato in un rapporto pubblicato il 10 dicembre che le donne e le ragazze a Gaza subiscono livelli di violenza senza precedenti durante l'escalation militare israeliana sulla Striscia. 
Ha spiegato che le cifre dipingono un quadro "palese e scioccante, in un momento in cui due madri vengono uccise ogni ora a Gaza e sette donne ogni due ore, poiché quasi 7000 donne sono state uccise dallo scorso 7 ottobre, donne e bambini hanno rappresentato circa il 70% del numero totale di vittime".
L'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA) descrive il 2023 come il "più letale" in Cisgiordania, da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare e documentare il numero di vittime delle pratiche dell'esercito israeliano e dei coloni in Cisgiordania, nel 2005. 
Israele sta conducendo una guerra ai palestinesi in Cisgiordania e all'interno della Linea Verde, per sopprimere e mettere a tacere qualsiasi forma di espressione dell'identità palestinese collettiva e per rendere i territori palestinesi occupati invivibili per i palestinesi. 

Il ricercatore e specialista negli affari di Gerusalemme, Fakhri Abu Diab, afferma che il 2023 sia uno dei peggiori anni che sono passati per Gerusalemme occupata: "Sono nato a Gerusalemme e ora ho 62 anni, e ho lavorato come ricercatore sul campo per molti anni, ma non ho mai visto la città così prima, specialmente sotto l'attuale governo israeliano, il più estremo che ha messo la giudaizzazione di Gerusalemme in cima alla sua agenda". 
Abu Diab sottolinea che le autorità israeliane hanno eseguito 265 ordini di demolizione per le case a Gerusalemme e la gente della città è stata costretta a pagare un totale di 52 milioni di shekel (14,4 milioni di dollari) per "violazioni della costruzione" fino alla fine dello scorso novembre. Abu Diab afferma che queste politiche mirano a svuotare la città della sua gente per creare un nuovo equilibrio demografico a beneficio dei coloni all'interno del piano di "ripristinare la città" nel senso di giudaizzarla completamente. 

Le istituzioni dei prigionieri (l'Autorità per gli affari dei prigionieri e degli editori, il Club dei prigionieri palestinesi, la Fondazione Addameer per la cura dei prigionieri e i diritti umani e il Centro Wadi Hilweh - Gerusalemme) hanno pubblicato un documento speciale sui crimini e le violazioni totali commessi dall'occupazione dopo il 7 ottobre. Il documento evidenzia le campagne di arresto in corso in Cisgiordania, tra cui Gerusalemme e gli orribili crimini che le accompagnano, nonché la realtà dei prigionieri all'interno delle prigioni dell'occupazione israeliana: i crimini, la tortura e gli abusi sistematici a cui sono sottoposti e le misure di ritorsione che hanno influenzato tutti gli aspetti della loro vita, compresa la politica della fame e il diniego ad essere difesi a livello legale. 

Da parte sua, l'Euro-Mediterranean Human Rights Monitor ha invitato la comunità internazionale a fare pressione su Israele per rivelare il destino di decine di donne che sono state arrestate dalle loro case e dai centri di asilo e per porre fine al caso di sparizione forzata. 
Secondo l'osservatorio, l'esercito israeliano continua ad arrestare dozzine di femmine, tra cui donne anziane, madri con i loro bambini e ragazze minorenni, tutte soggette a condizioni di detenzione raccapriccianti. 

L’Osservatorio ha chiesto un’indagine internazionale imparziale e urgente sulla liquidazione dei civili palestinesi da parte dell'esercito israeliano dopo il loro arresto da diverse aree della Striscia di Gaza. L'Osservatorio ha sottolineato che le testimonianze raccolte coincidevano con ciò che è stato rivelato dal quotidiano ebraico Haaretz per quanto riguarda i crimini di esecuzione sul campo commessi contro i detenuti, mentre altri sono morti a causa di gravi torture e maltrattamenti in un campo militare noto come "Sedeh Timan", situato tra le città di Beersheba e Gaza nel sud, che è stato trasformato in una nuova prigione "Guantanamo" in cui i detenuti sono costretti in condizioni molto difficili, rinchiusi in delle gabbie all'aperto, senza cibo e acqua per ore e ore. 

La Wall Resistance and Settlement Commission ha documentato le deportazioni forzate di famiglie beduine palestinesi, causate dalle misure di occupazione diretta e dal terrorismo delle milizie di coloni in Cisgiordania, approfittando delle leggi di emergenza e di guerra che li proteggono dalla responsabilità e dalle punizioni. 

Il numero di giornalisti martiri nella Striscia di Gaza è salito a più di 100. 
Secondo il Sindacato dei giornalisti palestinesi le incursioni israeliane hanno distrutto il quartier generale di 63 istituzioni e uffici stampa e hanno interrotto il lavoro di 25 stazioni radio locali, una delle quali era in Cisgiordania, e gli arresti di 43 giornalisti, di cui 41 in Cisgiordania e due a Gaza, 30 dei quali sono ancora in detenzione. 

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha confermato che 136 membri del personale delle Nazioni Unite a Gaza sono stati uccisi dal 7 Ottobre, sottolineando che “è qualcosa che non abbiamo mai visto prima nella storia delle Nazioni Unite". 

In un periodo buio per le sorti dell’umanità, in una grande parte di mondo, quella araba e mediorientale colpita da un dolore collettivo lancinante, nell’assenza di confronti simmetrici con un occidente divenuto tanto ostile, non è facile veicolare, nelle forme che conosciamo, l’idea della speranza. 

Tuttavia, il nostro lavoro ci concede l’onere e l’onore di diventare testimoni e “ponti”. E forse è per questo che, come nella danza palestinese Dabka, stiamo imparando con loro a spingere i nostri piedi nel fango scivoloso, a batterli fino a che il tetto dei nostri sogni tornerà a custodire le nostre case, le nostre comunità, le nostre tradizioni, il nostro futuro. 

Ricerca fonti in collaborazione con Ashraf Tawfik
Grazie a tutte le donne che danzano con noi, a Dance To Live Egypt Program,  Danssabeel Cairo

martedì 29 giugno 2021

All you need is Jazz

Di Simonetta Ottone / Inverno 2020. E’ avvenuto un black out totale in me. La capitolazione di ogni certezza, anche della più elementare, ha prodotto in me un azzeramento di cose che amavo fare: non le facevo, non me le ricordavo più. Come ascoltare la musica. Tutto ciò che ascoltavo mi sembrava irreale, rispetto alla non realtà in cui ero stata catapultata. 


La musica che amo da decenni era nel giro di attimi diventata anacronistica, tesa verso un mondo che non c’era più. Era stato distrutto stupidamente, senza rumore, senza testimoni: fuori era tutto sparito, paesaggi desertici e disorientanti, anche nelle case sembrava non ci fosse nessuno. Nessuna esplosione aveva fatto finire il mondo per come l’avevo conosciuto e imparato fino ad allora, al contrario, tutto si ritraeva in dentro, senza tuttavia avere un centro di attrazione. Lentamente, ho cercato dei suoni che il mio orecchio potesse accettare come credibili, che mi risuonassero, che andassero a costituire la musica che non finisce mai. Così ho ritrovato il Jazz. La voce stanca, lacerante e meravigliosa di Billie Holiday cantava per me; le estensioni di Ella Fitzgerald mi “massaggiavano” l’anima, viaggiando con Charlie Parker, Louis Armstrong. Ma anche la contemporanea e compianta Amy Winehouse, fino ad arrivare al blues rauco di Tom Waits e all’elegante folk rock di Leonard Cohen. Il jazz nero, in particolare, ha aiutato me e le persone che accompagnavo a muovere i nostri corpi intorpiditi, indeboliti e doloranti, alieni, sopraffatti da un’angoscia collettiva implosa e profonda. Il ritmo, la fluidità, la sensualità, la leggerezza sofferta di artiste, prime tra tutte, che cantavano il jazz per cantare l’amore per la vita, così come è, nella nostalgia, nell’abbandono, ma sempre dentro una forza pulsante e inarrestabile. Parallelamente in video ero sollevata dal guardare ballerine di varietà e avanspettacolo, con le occhiaie ma sorridenti, con facce vere e corpi imperfetti; dopotutto ho iniziato a praticare danza guardando il varietà nazional popolare degli anni ’80, con Heather Parisi che sorrideva con 180 denti e aveva l’argento vivo addosso! In Liza Minnelli mi sono sfatta gli occhi, ma anche in Ginger Rogers e Fred Astaire; anche un po’ commossa dalla bravura puntuale della Rogers che diventerà inconsapevolmente la protagonista di un motto femminista efficace nello svelare la misoginia sofisticata di ciò che sarà chiamata la “sindrome di Ginger Rogers”, e che più o meno fa così: “Certo, Fred Astaire è stato grandioso, ma non dimenticare che Ginger Rogers ha fatto tutto ciò che faceva lui all’indietro e sui tacchi”. Ho pensato alle donne che ho conosciuto, stremate dall’andare tutta la vita e ovunque “all’indietro e sui tacchi”, a quanto hanno cercato sempre di ballare anche nelle giornate più cupe, donne affette dalla gioia di donare, innanzitutto sé stesse, agli altri e al mondo. Quello che dobbiamo ricostruire meglio di com’era, solare, ironico, consapevole, ospitale, perché nelle nostre danze è così, è il migliore dei mondi possibili. W IL VARIETA’!

sabato 17 ottobre 2020

Beau geste, per le nuove fragilità

di Simonetta Ottone •  C’è un gran desiderio nelle persone di incontro, di vita e passione; siamo tutti reduci da mesi di solitudine, mancanza di prospettiva, incertezza. Questi giorni hanno segnato e segneranno a lungo tempo le nostre vite, la nostra capacità e possibilità di condivisione ed elaborazione. Bea geste è il gesto che si fa carico, che accoglie, ripara, include, accompagna qualsiasi persona, in ogni condizione ella si trovi. 


Per dare voce a questo bisogno, e poterlo vivere insieme, abbiamo pensato di proporre degli appuntamenti speciali dedicati ad ogni cittadinanza, che si svolgeranno nel mese di Novembre a Livorno, a chiusura di un anno che rimarrà nella storia. Stiamo condividendo (alcuni patrocini sono in via di definizione) questo percorso con Centro OAMI, Fondazione Scotto, Laboratorio Olistico, APID, Rete Blog Politica Femminile, One Billion Rising Livorno. 
Le Nuove Fragilità oggi sono soprattutto le donne, i giovani, la possibilità di dialogo tra Persone di molteplici mondi e culture: ecco perché abbiamo deciso di parlare loro attraverso un mese di incontri aperti. E’ un augurio, un desiderio irrefrenabile, un gesto di scaramanzia. L’elaborazione del lutto, la sua accettazione, l’incredulità per il corto circuito in cui siamo finiti dentro ad ogni livello, hanno scatenato così tanta ansia in noi, la paura di subire altri strappi, il panico di ciò che non possiamo controllare, perché troppo grande, troppo incomprensibile, troppo lontano da noi, ma terribilmente scaraventato in noi e nelle nostre vite. I corpi che camminano senza una direzione tremano. Provano dolore: il dolore, lancinante, di vedere i nostri figli che al posto della Scuola, ovvero incontro, curiosità, confronto, disciplina, approfondimento e condivisione, si ritrovano un ammasso di lezioni virtuali, stando in pigiama, spettinati, pallidi e annoiati, tutto il giorno davanti ad un monitor. Come possono prepararsi alla vita? Come possono sentire la gioia, la vitalità, la testimonianza di un insegnamento? 
 Come facciamo noi genitori da soli (e le donne che si trovano a crescere da sole i loro figli sono un numero impressionante!) a sostituire tutto, a prepararli, ad essere modelli credibili di una società accettabile? Come faremo noi donne a non diventare ancora più invisibili ora che ogni servizio pubblico erogato (a correnti comunque alterne) sembra un privilegio, ridotte a cercarci lavoro per intere giornate, con uffici chiusi e istituzioni blindate, presidiando addirittura l’istruzione dei nostri figli da casa, tutto imploso nel domestico, nel privato, nell’indifferenziato. E perché i padri hanno potuto rientrare al lavoro 5 volte in più di noi? 

Abbiamo bisogno, anziché di essere oltretutto vittime di una continua strategia della tensione mediatica e fattiva, di coltivare la fiducia, alimentare una visione altra, essere cittadine di uno Stato che non ci vuole, da sane, indurre la malattia. E il covid ne è solo una. I costi esistenziali, economici e psicologici che stiamo pagando da Marzo ad ora sono altissimi, difficilmente giustificabili, in ogni caso. Lascio la riflessione sui numeri, le regioni, le statistiche a chi se ne occupa. 
Noi ci occupiamo di Persone, le cui vite attuali sono l’esempio più inconfutabile della realtà. Aprite gli uffici, parlate con la gente, faccia a faccia. Ecco, l’arte è nata per questo. Da corpo a corpo, non da corpo a macchina. L’arte ci ricorda cosa siamo capaci di fare quando siamo in dialogo. Vogliamo andare oltre il presente, sì. Oltre la minaccia, costante e sistematica, di nuove chiusure, nuovi strappi. Torneremo a danzare e a vivere in contatto fisico e incontro dal vivo. Perché ne abbiamo bisogno. Ci toccheremo le mani e gli occhi sorridendoci e magari concluderemo con un abbraccio tondo rotondo. 
Il Teatro e la Danza sono accadimenti reali di un rito, succedono attraverso il Corpo Voce e sono fondamentalmente fisici ed irripetibili. No ministro, non è uguale vederli sul web, e non siamo noi quell* che dobbiamo organizzarci alla nuova epoca, se questa ci esclude ed esclude espressioni che l’essere umano compie fin dalla notte dei tempi. Sono convinta che dobbiamo lavorare senza adattarci a ciò che stravolge il senso di ciò che facciamo, senza surrogati, elusioni e menzogne. Lavorare con la DanzaMovimentoTerapia, vuol dire andare al centro di ciò che la pandemia ha lasciato nei nostri nervi, nei nostri muscoli, nelle nostre articolazioni, nella parte più recondita di noi, quella che non trova parole per dire, quella che ci immobilizza ancora, in una vita già immobilizzata “per decreto”, o per quella “ripresa” vagheggiata da tutt* ma mai neanche vagamente organizzata, nel nostro paese. In questi mesi noi operatrici e operatori della Cultura e del benessere abbiamo continuato a muoverci a nostre spese (piove sempre sul bagnato!) , perché ci occupiamo di un bene primario, come il pane, come l'acqua potabile, come l’aria. Non lavoriamo e fatturiamo da Febbraio (fare il nostro lavoro era diventato un reato!), ma abbiamo pagato le tasse anche per ciò che non ci entra o entrerà. Ci aspettiamo di essere non solo nominat* da chi ci governa e da chi amministra i nostri territori, ma di ricevere strumenti e mezzi concreti per continuare ad offrire alle persone il nostro servizio, che è innanzitutto sociale. 
Siamo dunque in trepidante attesa di iniziative istituzionali che vadano a sostenere la cultura e l'esperienza dal vivo come diritti fondamentali e inalienabili delle persone, a cominciare dal paese in cui viviamo ed operiamo e di cui ci aspettiamo piena cittadinanza, avvicendando proposte ed opportunità. BEAU GESTE nasce da tutto questo, da questo invito a continuare ad immaginare INSIEME cose belle; di seguito il programma, i cui appuntamenti saranno svolti con la normativa vigente (per cui dobbiamo lavorare su più turni a nostro carico) : Vi aspettiamo! Tra tradizione e innovazione, la DanzaMovimentoTerapia come Risorsa Personale
7 Novembre ore 11 Casa Julka: incontro aperto a tutt* muovere il tempo, la Relazione tra Gesto e Suono Workshop di Formazione riconosciuto APID (Associazione Professionale Italiana DanzaMovimentoTerapia) con Simonetta Ottone e Manuela Tonelli; 28 e 29 Novembre, presso Laboratorio Olistico Livorno. Appuntamento rivolto a chi interessato ambito psicocorporeo Dance to live! Alle Radici del Corpo, Storie di Gesti di Donne In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza di Genere, Settimana Nazionale della DanzaMovimentoTerapia Sabato 21 Novembre ore 15; Evento online RAMLA, Forme in Movimento Lo Sguardo dell’altr* Culture in dialogo tra Oriente e Occidente. Incontro aperto a tutt* su DannzaMovimentoTerapia e Intercultura Sabato 14 Novembre ore 18, Casa Julka

mercoledì 10 giugno 2020

Dance to live, voci di Donne ci accompagnano

di Simonetta OttoneDance to live è figlia di questo periodo di “rottura” degli schemi ordinari, periodo in cui le persone che hanno fiducia nel lavoro e nella storia di certe realtà culturali precorrono i tempi e  richiamano un’azione manifesta.
Essere accompagnate, avere un supporto per poter proteggere la propria salute, la propria integrità psicofisica, sentire gioia, sentirsi vive. Muoversi e danzare.
Questo chiedono le persone, oggi ancora di più.
Come Associazione attiva da più di 20 anni ci siamo dunque domandate il senso di trasmettere elementi di una pratica, quella della DanzaMovimento, così delicata e complessa, in assenza di contatto fisico e di incontro dal vivo; d’altra parte, la riflessione su CORPO E TECNOLOGIA è al centro del nostro lavoro attuale, poiché le contingenze storiche ci chiedono violentemente questo.
Abbiamo quindi pensato di costruire un percorso che metta al centro la capacità resiliente del Corpo e nello stesso tempo possa farci ispirare da voci che nella storia della Danza e dell’Arte hanno stimolato la nostra capacità di resistenza, non solo in termini di adattamento, ma anche e soprattutto, in termini di visione critica di ciò cui siamo chiamat* ad affrontare nella nostra storia individuale e in quella collettiva. 
DANCE TO LIVE, letteralmente DANZARE PER VIVERE, nelle nostre intenzioni darà sicuramente  vita ad un incontro tra il nostro bisogno e il nostro desiderio di muoverci e il nostro bisogno e il nostro desiderio di nutrire in noi visioni ed ispirazioni. 
DANCE TO LIVE si concretizza in un primo ciclo di 6 lezioni on line in cui si partirà incrociando più coordinate su una stessa mappa: l’approccio alla DanzaMovimentoTerapia secondo il Metodo Maria Fux, il Sistema di Analisi del Movimento Laban/Bartenieff, elementi di Danza Contemporanea Metodo Laban/Nikolais, il TeatroDanza italiano e tedesco. 
In queste lezioni ci dedicheremo ad aprire i canali del nostro CorpoMente, attraverso l’organizzazione della postura, della gestione del peso, del tempo e dello spazio, nelle diverse qualità di movimento, in connessione con la dimensione emotiva e simbolica. 

Ogni incontro, della durata di 20 - 25 minuti,  prevederà uno o più spunti creativi e si concluderà con l’evocazione di una storia particolare che interessa il mondo delle donne e degli uomini nelle diverse epoche.  
Parleremo soprattutto delle donne che hanno danzato per affermare la liberazione di tutte le donne, partendo dal corpo e dal diritto all’autodeterminazione: donne che, ai primi del ‘900,  hanno gettato le fondamenta della “nuova danza” dando un contributo forte a tutta la rivoluzione artistica del tempo; donne che hanno creato danze “disobbedienti” a Berlino negli anni ’30 contro l’ascesa del nazifascismo e donne che hanno continuato a ballare in teatro sotto le bombe piovute dal cielo di Londra durante la II° Guerra Mondiale. E ancora Donne che hanno unito popoli creando nuovi mondi di danza e donne che hanno restituito il diritto di danzare a ogni persona, ma anche uomini che hanno lottato dal dopoguerra e per tutta la vita contro i pregiudizi razziali presenti nel mondo della danza, come nella società statunitense del tempo.
Ci auguriamo che DANCE TO LIVE fornirà un’occasione di nutrimento attraverso la memoria di un passato che farà forse da impalcatura ad un presente così rarefatto e distopico ed a un futuro che si annuncia pesante e che non si lascia intravedere: riuscissimo a trattenere anche solo un briciolo di tutta la visionarietà folle ed innamorata che animava queste grandi donne e questi grandi uomini, forse potremmo ancora difendere il nostro diritto di sognare (e di cambiare) .
Almeno, questo è il nostro augurio.
L’intero ricavato di DANCE TO LIVE sarà utilizzato per finanziare le attività di supporto e accompagnamento individuali con finalità terapeutiche di Associazione DanzArte.
Grazie di cuore a chi vorrà sostenerci!
Progetto a cura di Simonetta Ottone (programma e conduzione) e Ashraf Tawfik (video e grafica)

lunedì 27 gennaio 2020

Crescere uomini, di Monica Lanfranco: presentazione a Livorno

Sabato 8 Febbraio a Livorno (in Via della Bassata 9, h. 18) Monica Lanfranco presenta l’ultimo suo libro: Crescere uomini. Le parole dei ragazzi su sessualità. Pornografia, sessismo (Erickson)
Dopo un viaggio che ha portato l’autrice a misurarsi con centinaia di ragazz* e adolescent*, queste sono le domande da cui parte l’opera:
Cosa é per te la sessualità? Cosa provi quando leggi di uomini che violentano le donne? Essere virile, che significa? Pensi che la violenza sia una componente della sessualità maschile più che di quella femminile? La pornografia influisce, e come, sulla tua sessualità?

Dalle risposte a queste cinque domande, rivolte dall’autrice a 1500 studenti tra i 16 e i 19 anni, emerge il ritratto di giovani uomini della generazione digitale che, in assenza di indicazioni sulla sessualità da parte del mondo adulto, racconta youporn come unica fonte di ‘insegnamento’ e una maschilità ‘naturalmente’ violenta, governata da un presunto ‘istinto’ aggressivo connaturato con la virilità.
L’analisi delle risposte, da parte di una attivista e formatrice, impegnata da anni in un lavoro unico in Italia dove sono gli uomini comuni a parlare della sessualità maschile, restituisce il vissuto dei nostri figli e degli alunni sul loro corpo e sulle relazioni con l’altro sesso.

Il libro identifica alcune parole chiave per colmare il vuoto di attenzione verso la sessualità maschile, uno dei problemi da affrontare senza paura e tabù, soprattutto nella scuola, per prevenire la violenza sulle donne. Dalle risposte dei ragazzi é nato un progetto di teatro sociale per le scuole in cui i protagonisti sono i giovani, che si mettono in gioco a partire dai materiali del libro.
Il testo é dedicato a chi (a cominciare dai padri, dalle madri e da tutte le altre figure adulte di riferimento che lavorano nella scuola e nelle diverse agenzie educative) voglia trovare spunti e ispirazione nel difficile, ma indispensabile, percorso di accompagnamento verso una radicale trasformazione delle relazioni tra i generi.
Volgere lo sguardo verso le responsabilità e le risorse dei giovani uomini per cambiare le relazioni tra uomini e donne nella direzione del rispetto e dell’empatia significa smettere di considerare la violenza contro le donne un problema femminile, e tessere una nuova narrazione, partendo dal vissuto e delle parole dei giovai maschi, che costruisca una diversa modalità di confronto. Arricchiscono il testo indicazioni bibliografiche, sitografiche e video-cinematografiche per costruire un bagaglio di fonti da condividere con i figli, gli alunni e i giovani che si supportano nel percorso educativo.
La presentazione a Livorno è a conclusione di “Il corpo liberato, L’intreccio tra la DanzaMovimentoTerapia con la visione critica degli stereotipi di genere”, incontro a cura di Monica Lanfranco e Simonetta Ottone (DanzArte/Casa Julka/APID), nell'ambito delle iniziative italiane di ONE BILLION RISING 2020, Movimento Internazionale V - DAY.

domenica 29 dicembre 2019

Il Corpo liberato

di Simonetta OttoneIl corpo liberato. Dalla Danza Moderna alla DanzaMovimentoTerapia nelle tracce delle donne che l'hanno inventata. Un incontro presso Casa Julka a Livorno, incentrato sulla rappresentazione della donna nei media e in arte, proposto nell'ambito della 2 giornate di studio che avrà luogo l'8 e il 9 febbraio 2020, della Formazione Permanente Associazione Professionale Italiana DanzaMovimentoTerapia (APID), rivolta a insegnanti, educatrici/ori, Operatrici/ori della Relazione di Cura, d’Aiuto, dell’ambito psico-corporeo, artistico e arte-terapeutico.
Grazie al contributo di Monica Lanfranco e di Simonetta Ottone sarà possibile partire dalla rappresentazione dell’immagine della donna nei media, per collegarci a forme d’arte in cui le donne stesse sono riuscite a rovesciare ogni stereotipo sulla rappresentazione, l’espressione, la gestione del proprio corpo e  del proprio ruolo pubblico.

La danza moderna, infatti,  è stata inventata, diffusa e gestita da donne: agli inizi del Novecento per la prima volta le donne rappresentavano sé stesse e il mondo, nel pieno della loro soggettività esposta al pubblico. Fu la prima e unica volta nella storia dell’arte e della cultura che le donne resistettero autonomamente, perdendo consenso e protezione sociale, si esposero al pubblico, in posizione frontale.


Il Seminario teorico-esperienziale sarà introdotto da Monica Lanfranco,  con un intervento che prevede la visione di materiali e momenti di condivisione e attività di riflessione sul tema degli stereotipi di genere e il sessismo nel linguaggio e nei media.
La parte danzamovimentoterapeutica, curata da Simonetta Ottone, si concentrerà sulla testimonianza ad opera delle pioniere della Danza Moderna riguardo la Narrazione del Corpo Femminile, grazie a spunti testuali, ed alla visione di materiali.
Partendo dai principi della Danza Moderna ed alla necessità di una maggiore consapevolezza sul tema in ambito danzamovimentoterapeutico, il lavoro corporeo si focalizzerà sul Femminile e il Maschile, attraverso la Metodologia di Maria Fux, il Metodo De Vera D’Aragona ed i principi di movimento della Danza Moderna e del TeatroDanza.
L’iniziativa è volta ad Informare e promuovere una cultura corretta sulla relazione di genere e la differenza di genere attraverso la storia delle donne di ieri e di oggi; prevenire il conflitto di genere, favorire l’empowerment femminile.
La Formazione  è patrocinata e sostenuta dal Comune di Livorno e fa parte delle iniziative italiane previste in occasione di ONE BILLION RISING 2020, Movimento Internazionale V – DAY contro la violenza su donne e bambine.
IL CORPO LIBERATO è ideato e organizzato da Associazione Compagnia DanzArte (Progetto One Billion Rising Livorno/ Casa Julka), con la partecipazione di  Altradimora (Alessandria), Radio delle Donne, Rivista Marea.
Alcune note sulle relatrici:
Monica Lanfrancogiornalista e formatrice sui temi della differenza di genere e sul conflitto. Ha fondato nel 1994 il trimestrale Marea. Ha collaborato con Radio Rai International. Ha un blog sul Fatto quotidiano e su Micromega. Ha insegnato Teoria e Tecnica dei nuovi media all’Università di Parma. Conduce corsi di formazione sulla storia del movimento delle donne, sulla comunicazione di genere, e sulla risoluzione nonviolenta dei conflitti. Dal 2008 gestisce Altradimora, una struttura che promuove  e ospita molti progetti culturali con ottica di genere.
Tra i suoi libri "Uomini che odiano amano le donne - virilità, sesso, violenza: la parola ai maschi" (Marea Edizioni) dal quale è stata tratta la piece teatrale "Manutenzioni – Uomini a nudo",  primo caso italiano di teatro sociale per uomini. "Parole madri - ritratti di femministe: narrazioni e visioni sul materno" (Marea Edizioni). Il suo ultimo libro è "Crescere uomini - le parole dei ragazzi su sessualità, pornografia, sessismo" (2019 Erickson)
Simonetta Ottone: DanzaMovimentoTerapeuta APID (Socia n. 296 e Presidente), Danzatrice professionista, .Coreografa e Docente di danza e movimento dal 1990, autrice di “Danzare il Simbolo. DanzaMovimentoTerapia nel mondo tossicomane” (Edizione Creativa 2011, ristampa 2017) e di “Disancorati” (romanzo, Ed. Creativa 2017). Ha studiato Corso universitario Scienze e Tecniche psicologiche – Facoltà di Psicologia. Impegnata come danzamovimentoterapeuta in ambito di salute mentale, diversabilità, dipendenze, educazione e prevenzione, in strutture pubbliche e private. Promotrice di iniziative a sostegno dei Diritti delle Donne, in onda come autrice e interprete su Arcoiris – TV con lo spettacolo “A Voce alta”. Autrice della Rete -  Blog nazionale POLITICA FEMMINILE, Tutor Movimento Internazionale V – Day. Formatrice di danzamovimentoterapeut* e all’interno di  percorsi rivolti a Docenti, operatori e volontari, riguardanti il Corpo e le tematiche di genere. • casajulka@gmail.com

sabato 28 dicembre 2019

Stazioni lunari, la Musica che Apre

di Simonetta Ottone • Mercoledì 18 Dicembre, primo pomeriggio. L’appuntamento con le ed i protagonisti dello spettacolo che si terrà Giovedì 19 ore 21.30, in occasione della riapertura dello storico Teatro Aurora di Scandicci, è previsto in uno studio a Sesto Fiorentino.
Sembra un pomeriggio come gli altri, con la luce ordinaria e disincantata nel cielo di una Firenze periferica. Sono felice di incontrare questo progetto che mette al centro tre donne, tre artiste di provenienza, formazione e generazione diverse. Tre ipotesi di come abitare il ruolo artistico, proprio in quanto donne. Appena arrivati, io per le interviste e Michele Faliani per le foto, seguiamo la musica, apriamo la porta e davanti a noi ci sono loro, con i loro strumenti in azione e le voci di Ginevra e Cristina che ci regalano un inedito Tim Buckley.
Con affabilità si organizzano per la nostra intervista. Francesco Magnelli, quale ideatore di "Stazioni Lunari", inizia a parlarci dell’aspetto legato alla vita e al senso di quello che è, non solo uno spettacolo itinerante dunque, ma una visione rispetto al fare musica oggi. Progetto culturale nel pieno senso del termine, longevo e generativo, domando al musicista qual è il suo segreto di elisir di lunga vita.
“STAZIONI ha capacità di riciclarsi continuamente, perché cambiando artisti ogni volta si crea una serata unica, dovuta al luogo, alla situazione. La scelta di artisti, di più generazioni, la creazione di una scaletta diversa ogni volta. E’ un lavoro impegnativo, dove permane l’entusiasmo della Prima.
Gli artisti vengono da mondi diversi, l’idea è quella di abbattere il genere, c’è solo musica. Domani c’è un estremo, con l’inserimento di musica classica, con il Quartetto dei nostri Tempi, con brani di Shostakovich, Beethoven, Schumann…
Stazioni Lunari è un invito all’ascolto da parte del pubblico e da parte degli artisti tra loro, è uno spettacolo di 2 ore in cui partecipi anche solo ascoltando. Nei nostri spettacoli  il pubblico ascolta ciò a cui non è magari abituato, si possono fare scoperte grosse, il pubblico viene a vedere gli artisti per le attitudini che hanno , sono loro che decidono come partecipare.
In una sorta di abbattimento dell’ego centrale, i cantanti sono dislocati sul palco, come si costruisse una squadra di voci, senza un leader centrale; Ginevra è centrale ma si muove, gira insieme agli altri. Dà la possibilità ai cantanti stessi di esprimersi in modo diverso da come fanno di solito. Ad es. Piero Pelù e Bobo Rondelli per indole si sono buttati in mezzo agli altri, Cristina Donà che è tanto che partecipa nel tempo si è coinvolta sempre di più, come Nada, che all’inizio stava molto nel suo spazio.
La diversità esiste, c’è, è normale che ci sia, la diversità fa ricchezza ovunque, anche in cultura, non la ostento, non è un connubio per forza positivo, porta miniscontri che però sono vita. La cosa bella è che è rimasto uno spettacolo unico nel panorama, questo lo dico dopo 16 anni, con artisti di questa caratura artistica che stanno insieme, nella loro differenza. Si tratta di uno spettacolo che và al di là della fruizione di una buona musica, al suo interno c’è tutta una serie di messaggi che và oltre la musica, dentro le stanze potrebbe starci un danzatore, la parola, chi dipinge, qualsiasi forma d’arte”.
Incontriamo poi Cristina Donà, che inizia ad accompagnarci nel suo personale viaggio all’interno di Stazioni Lunari. “La spinta propulsiva a prendere parte a questo progetto è costituita da molti tasselli. Inizia nel 2004. Conoscevo Ginevra, il mondo dei CSI, entrare in Stazioni Lunari è stato un regalo, stare in un laboratorio come artista dove sin da subito sperimentare una relazione con i musicisti diversa da quella che abitualmente praticavo.
Io essendo un’artista solista, dettavo un po’ le regole, anche se non sono un capitano con forme dittatoriali! L’idea di Stazioni è un’idea unica, perché questa è una Casa dove a turno si animano delle stanze, la permanenza sul palco presuppone che se uno vuole può anche interagire, improvvisare, la qualità dell’ascolto sale tantissimo. Le prove non ci sono, c’è il sound check, c’è un mondo da mettere in piedi. Io faccio parte di questo progetto da allora, ho potuto conoscere personalmente molti artisti, come Teresa De Sio, Pelù. Marco Parente, Nada, Riccardo Tesio, Cristicchi… sempre una grande emozione. Confrontarsi con emozioni diverse, di fronte a un pubblico, tenere alto l’interesse, partecipare in diversi modi, anche solo ascoltando. Questo laboratorio credo abbia messo le basi per quell’avventura che è nata con Ginevra, “Così vicine”, il nostro album insieme: ogni volta che si cantava insieme la gioia era grande. Francesco che è un grande osservatore e un grande creatore di progetti ha intuito che avremmo potuto dare vita a questo lavoro. Francesco ha  ideato STAZIONI per far convivere vocalità e provenienze diverse. Questa è una grande scuola, per andare oltre le rivalità. Un aspetto importante per il pubblico, i canali principali non puntano sulla biodiversità”.
Infine, i saluti ce li fa l’altra padrona di casa, Ginevra Di Marco: “Stazioni Lunari ritorna spettacolo composito, difficile, con tanti artisti diversi, non è sempre facile accordare i suoni. Cristina Donà è un po’ la madrina di Stazioni Lunari; dei Rappresentanti di Lista ci siamo innamorati con i loro ultimi 2 dischi. Il Quartetto i nostri Tempi accentua il desiderio di mettere in dialogo linguaggi diversi, di essere una Comunità dal vivo, dove la musica si incontra, partecipiamo ognuno della musica dell’altro, in commistione. Io starò lì, in mezzo a tutto questo”.


Giovedì 19, sul palco arrivano a poco a poco tutti i protagonisti dello spettacolo, ma la scena è sempre abitata da queste tre artiste meravigliose: Ginevra Di Marco, Cristina Donà, Veronica Lucchesi.
Sono tutti insieme, cantanti, autori, musicisti, orchestrali, per celebrare Stazioni Lunari, la comunità pensata da Francesco Magnelli fin dal 2003.
I brani si snocciolano a due a due, presentati dalle tre donne al centro della scena, accompagnate dai musicisti e dal Quartetto dei nostri Tempi.
Si inizia già al massimo dell’energia con G. Di Marco in CANZONE ARRABBIATA, prosegue Veronica Lucchesi con LA BALLATA DELLA RAGAZZA ANNEGATA e GIOVANE FEMMINA.
Cristina Donà presenta SONG TO THE SIREN e GOCCIA. I pezzi si susseguono in un flusso continuo in cui le voci e gli strumenti si incastrano come in un gioco d’amore.
Il Quartetto dei nostri Tempi esegue un vertiginoso Shostakovic, poi Schumann, Beethoven, come se tutto fosse un unico, eterno discorso sonoro, che tutto comprende e tutto rigenera.
Nella serata spicca una Cristina Donà dirompente con chitarra, voce e rock,  che conclude nei bis in UNIVERSO, bello, forte e delicato insieme.
QUESTO CORPO di Veronica Lucchesi regala ancora l’approccio aperto, teatrale e fortemente contemporaneo di una poetica sul confine della fragilità come forza.
Il concerto chiude con la sublime MONTESOLE dei PGR e con FUOCHI NELLA NOTTE DI SAN GIOVANNI dei CSI, rievocati nella voce di Ginevra Di Marco e nella direzione di Francesco Magnelli, che ci regala così il desiderio condiviso che eredità coraggiose vengano raccolte e ampliate ancora.